La GAM di Torino prosegue la ricognizione sul proprio patrimonio dedicando un capitolo alla scultura italiana tra il 1940 e il 1980 con una mostra che presenta 50 opere realizzate da 40 artisti attivi nell’arco di questo periodo: quarant’anni contrassegnati da formidabili cambiamenti e da forti scosse stilistiche sia dal punto di vista dei soggetti sia delle tecniche, e che assegnarono un nuovo ruolo alla scultura.
La ricca collezione della GAM, oltre che dalle opere di scultura acquisite nel tempo dal museo, ha potuto contare negli anni sul determinante ruolo della Fondazione Guido ed Ettore De Fornaris e della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT che hanno contribuito, con importanti acquisizioni, ad accrescere la raccolta.
Questa prima parte indaga la scultura informale italiana che ha iniziato a vivere importanti tappe. Per illustrare il nuovo percorso della scultura in questo periodo, oltre a Cherchi e Giuseppe Tarantino, troviamo opere in terracotta di Leoncillo, i bronzi dinamici di Umberto Mastroianni e Pietro Consagra, opere in ferro di Franco Garelli e Nino Franchina e gli assemblaggi di Ettore Colla. Allo stesso tempo, la mostra mette in evidenza il drammatico gruppo scultoreo in legno Miracolo (Olocausto) di Marino Marini e il grande Concetto spaziale in metallo di Lucio Fontana, cui si contrappone la ceramica Piccole donne di Fausto Melotti.
Gli anni Sessanta sono invece rappresentati da Giuseppe Uncini, Nicola Carrino, Pietro Gallina, Mario Ceroli e Piero Gilardi. Con chiarezza di intenti, la dicotomia arte/natura viene affrontata anche da esponenti dell’Arte Povera: da Lavorare sugli alberi, Alpi Marittime di Giuseppe Penone a Senza titolo di Giovanni Anselmo, fino ai processi chimico-fisici proposti da Gilberto Zorio.
Il percorso si conclude con le ultime esperienze degli anni Settanta e dei primi anni Ottanta con opere di Michelangelo Pistoletto, Nanda Vigo, Giuseppe Spagnulo, Nanni Valentini, Paolo Icaro e infine il trionfo monumentale dell’esplorazione scultorea de La campana di Luigi Mainolfi.