

Elisabetta Gut nacque a Roma nel 1934, ma trascorse l’infanzia a Zurigo, dove ebbe il primo contatto con l’arte contemporanea, frequentando musei e respirando l’atmosfera dei circoli dadaisti, surrealisti e astrattisti. A diciassette anni si trasferì nell’istituto delle suore Orsoline di Roma, distinguendosi per la sua determinazione, per una ribellione intelligente e, soprattutto, per le spiccate doti artistiche. Nel 1953 si iscrisse all’Istituto d’Arte di Roma e successivamente alla Scuola di nudo dell’Accademia di Belle Arti, completando la sua formazione nel 1956.
Le sue prime opere seguirono un linguaggio pittorico post-cubista, ma tra disegni, pastelli e acquerelli si intravide già il seme di una sensibilità vicina alla neoavanguardia verbo-visiva. Gut cominciò a sperimentare la relazione tra immagine e scrittura, realizzando collage e assemblaggi con frammenti testuali ed elementi naturali.
L’incontro decisivo fu quello con Felice Casorati, nel 1956, che la sostenne organizzando la sua prima personale presso la Galleria Cairola di Milano. Due anni dopo, espose nuovamente a Milano alla Galleria Lo Zodiaco. Negli anni Sessanta si immerse in una ricerca materica e concettuale sempre più radicale: alterò i supporti, incise le tele, combinò ricami e pizzi in una poetica di ribellione ironica e libertà espressiva. Le sue opere unirono elementi naturali e culturali – rami, fiori, gusci, fili – con note musicali, calligrafie e poesie. Il filo, da lei usato non solo come elemento di legatura ma anche come cancellatura o pentagramma, divenne un tratto distintivo del suo linguaggio.
Gut fu anche protagonista dell’attivismo femminista: partecipò al gruppo Rivolta Femminile, fondato da Carla Lonzi, insieme a figure come Carla Accardi e Simona Weller. Mirella Bentivoglio si interessò profondamente al suo lavoro, scrivendo testi critici e invitandola a molte delle mostre da lei curate.
Le sue opere sono state esposte in importanti mostre quali: Materializzazione del linguaggio (Biennale di Venezia, 1978); Arte come scrittura (Quadriennale di Roma, 1986); Fotoidea (Biennale di San Paolo, 1994); Post scriptum Artiste in Italia tra linguaggio e immagine negli anni ’60 e ’70 (Donna di Ferrara Biennale, 1998). Le sue opere fanno parte della collezione permanente presso MUSINF di Senigallia, MART di Trento e Rovereto, Centro Pecci di Prato, MA*GA di Gallarate, MRAG di Milano e NMWA di Washington.
Nella primavera del 2019 la Repetto Gallery le dedicò, insieme a Franca Sonnino, Maria Lai e Nedda Guidi, la mostra Threading Spaces. Elisabetta Gut si spense a Roma il 16 maggio 2024.