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Pier Paolo Calzolari nasce a Bologna il 21 novembre 1943. Trascorre però la sua infanzia e adoloscenza a Venezia, dove non frequenta istituti scolastici ma studia a casa, seguito da un precettore. In questa solitudine, sogna di diventare violinista.

Torna nella città natale all’età di 22 anni, conservando comunque per tutta la vita il ricordo di quella che lo ha visto crescere: Venezia, crocevia fra occidente e oriente, le sue luci, i suoi marmi. Ricordo che lo segnerà profondamente nel suo percorso artistico. A Bologna apre un suo studio a Palazzo Bentivoglio, concentrandosi inizialmente sulla pittura. In quella sala dell’antico palazzo bolognese germoglia sin da subito un’intensa attività artistica che diviene presto calamita per intellettuali e artisti, non solo per l’ambiente italiano, ma anche per celebri personalità straniere (pensiamo ad alcune figure di spicco della beat generation: Allen Ginsberg, William Borroughs). Nel 1967 organizza la sua prima personale, Il filtro e benvenuto all’angelo: una delle prime mostre, o meglio esperienze, interattive: vi sono un prato, delle colombe, prima una forte luce bianca e poi il buio. Il pubblico è chiamato a partecipare attivando tutte le percezioni sensitive, a percorrere un viaggio, una narrazione. Qualche mese dopo Calzolari si trasferisce ad Urbino e al contempo si avvicina agli artisti dell’Arte Povera, scrivendone nel 1968 uno dei testi più rappresentativi: La casa ideale. In questo periodo la Galleria Lo Sperone di Torino si interessa, grazie all’esposizione dell’Arte Povera alla Galleria Foscherari, all’operato dell’artista, con cui firma un contratto. Nel 1969 partecipa alla celebre mostra Live in Your Head:When attitudes become form, tentuasi alla Kunsthalle di Berna e curata da Harald Szeemann, alla quale partecipano 50 artisti provenienti da tutto il mondo. Questo incontro con un’arte così particolare scombussola e affascina il grande pubblico: così l’Arte Povera esordisce a livello internazionale. Arrivano per l’artista anche le prime personali all’estero: tra il 1970 e il 1971 la Galleria Sonnabend gli dedica tre mostre, due nella sede parigina e  una in quella newyorkese. Nel 1973 tiene una personale alla Folker Galerie Skulima di Berlino e l’anno successivo torna alla Kunsthalle di Berna, questa volta da solo. In questi anni l’artista si sofferma inoltre nella capitale tedesca per eseguire una serie di lavori, con i quali porta avanti il suo interesse per l’interazione fra opera e pubblico. La serie viene raccolta nel libro Day After Day, a Family Life.

Calzolari lavora con diversi materiali. Inizialmente si dedica al ghiaccio: nel 1968, alla galleria La Tartaruga, durante l’evento romanoTeatro delle mostre presenta una colonna di ghiaccio sospesa, circondata da un fumo violaceo e in processo di scioglimento. La precarietà del ghiaccio e il suo trasformarsi rappresentano una delle tematiche più care all’artista: il tempo, i risultati del suo scorrere e la sua sospensione. Insieme al ghiaccio si aggiunge anche l’utilizzo del neon:  nascono l’opera Oroscomo come progetto della mia vita(1968) e la seria Gesti (1968-69). Piombo, muschio, brina, sale e foglie di tabacco sono fra i materiali più caratteristici dell’opera dell’artista, affascinato dai processi di metamorfosi della materia, e dal rapporto di quest’ultima con la luce. Tra il 1968 e il 1970 realizza due opere significative utilizzando le foglie di tabacco: Lago del cuore (Lobiforme)e Galoppa verde cipolla. La brina invece rappresenta la ricerca del bianco, di quella luce che si riflette sul marmo della chiesa di Riva degli Schiavoni, che tanto lo aveva incantato negli anni giovanili e che ha sempre cercato di ricreare. Fondamentale è il concetto di orizzontalità: il  presente sul piano del passato, la rinascita,  la riscoperta e la rinnovazione degli elementi: il puro interesse verso i rapporti che si possono creare fra i materiali, lasciando da parte quella tendenza allo sguardo “antropocentrico”. A proposito della sua visione del lavoro Calzolari dice, durante un’intervista: “Toccando ed agendo le cose lasciano delle tracce psicofisiche: l’atmosfera ne resta impregnata, contagiata, risulta costituita dai precedenti vissuti, dagli odori… Questo per me è quello che chiamiamo scultura: semplicemente un atto di microscopia, un particolare del tutto che va sempre letto nel contesto, nella visione più generale dell’opera.”

A partire dal 1972, ormai distaccatosi dall’Arte Povera, trascorre qualche anno spostandosi fra Bologna, Parigi e Milano. Intorno alla metà degli anni ’70 lascia Bologna e si trasferisce definitivamente a Milano, dove espone singolarmente alla Galleria De Ambrogi – Cavellini (1976), alla Galleria Franco Toselli (1976) e alla Galleria Salvatore Ala (1978). Dopo qualche anno nel capoluogo lombardo, si sposta a Torino e collabora con la Galleria Tucci Russo, con la quale organizza due personali: nel ’77, Luogo persona tempo. Ognuno dei quali influisce sull’altro, e nel ’79, Giardino dei Gethsemani. Nell’arco del 1979 varca le soglie del Musée National d’Art Centre George Pompidou (vi tornerà nell’1981 e nel 2016) e dello Stedelijk Museum di Amsterdam, dove aveva già esposto nel 1969.

Nel 1982 si trasferisce per un biennio a Vienna, dove tiene una personale alla Galerie Peter Pakesch. Tornerà alla ricerca della luce nel 1984 in Italia, nel Montefeltro. Durante la seconda metà degli anni ’80 si concentrano diverse mostre a New York: con l’Arte Povera, all’Institute for Art and Urban Resources (1985), e alla Barbara Gladstone Gallery, con due collettive e una personale (1987 – 1988).

Gli anni ’90 costituiscono un decennio di importanti mostre antologiche, ricordiamo in particolare quelle tenutesi nel corso del 1994, alla Galerie Nationale du Jeu de Paume di Parigi, al FAE Musée d’Art Contemporaine, a Losanna, e infine al Castello di Rivoli, a Torino.

Del 2012 la mostra personale da Marianne Boesky, la prima dopo 20 anni negli Stati Uniti, seguita da una seconda nel 2017. La Galleria Repetto gli dedica un solo show nel 2013, ad Acqui Terme e Milano:Sur l’aile du tourbillion intelligent. Opere dagli anni ’70 al 2010, nel 2018 la prima grande mostra antologica a Londra da White Cube, seguita nel 2019, alla Repetto Gallery da : Muitos estudos para uma casa de limão, dove viene presentata una serie di opere realizzate a Lisbona nel 2018, le opere  saranno esposte a Dusseldorf da Beck and Eggeling nel 2020 .

Le sue opere sono nelle collezioni pubbliche piu importanti al mondo, tra queste: Gugghenheim, New York ; Centre Pompidou, Parigi; The art Instute of Chicago; Sammlung Goetz,Munich.

Pier Paolo Calzolari, vive e lavora a Lisbona.